Horiki Katsutomi
Horiki Katsutomi (Tokyo,18 febbraio 1929 - Cigliano (VC), 25 febbraio 2021). L'artista viveva in Italia dal 1969. Nel 2008 è stata allestita la mostra personale "Una grammatica dell’invisibile" presso la galleria Weber & Weber di Torino, in occasione della quale l’artista presenta una decina di grandi tele che si fanno portavoce della ricerca pittorica alla quale si dedica: un’indagine assorta nella meditazione sull’essenza ultima della pittura, sul suo statuto ontologico. La sua è una pittura che dà con ogni evidenza nel sacro, oltreché nel mito; in quello stesso tipo di sacro avvertito da taluni nella pittura di Marc Rothko, artista affine a Horiki. Da questa particolare tensione e dalla riflessione su alcuni motivi omerici tratti dell’Odissea nascono i lavori dell’artista giapponese, nei quali l’opzione astratta intende riconquistare l’invisibile per ricondurre la pittura alla sua più intima sostanza di colore, luce e forma pura. Le tele dedicate ad Itaca, l’isola che rappresenta il termine mitico di un esilio, offrono allo sguardo e al pensiero dell’osservatore l’allusione non tanto a uno spazio comunque tutto mentale, quanto piuttosto a una soglia, che è certo la soglia del visibile, ma che è anche un passaggio, una sorta di ‘uscita dal mondo’ che illustra l’eterna vicissitudine che alterna pienezza e vacuità, presenza e assenza, fine e principio di tutte le cose. Rarefatto e vibrante, ciascun dipinto di Horiki rappresenta in sé un viaggio nel complesso mondo di relazioni tra il visibile e l’invisibile. La pittura è pervasa da una grazia che qualcosa deve di certo all’assiduo dialogo tra cultura orientale e occidentale. Tra gli Stati, tra le tappe che precedono, nell’itinerario artistico di Horiki, l’incontro/confronto con Omero, la più interessante è quella che vede l’artista giapponese, faccia a faccia con Piero della Francesca. Ci si potrebbe chiedere come sia possibile coniugare il sostanziale idealismo cromatico e luministico di Horiki con i valori plastici della pittura di Piero: presto ci si potrà accorgere di come quell’apparente contraddizione sia stata ben risolta nella pittura di Horiki, la quale oltre a raggiungere una sobrietà assoluta, mantiene uno spiccato senso della prospettiva; quella intavolata da Horiki cerca una profondità spaziale e atmosferica per via della luce e non per legge matematica. L’artista padroneggia le intime facoltà del colore, e sa che la profondità che esso può imprimere allo spazio pittorico non è meno vera di quella ottenuta tramite l’applicazione tecnica di un calcolo razionale: è così che negli studi pierfrancescani degli anni Novanta (Storia della vera Croce) Horiki ha trasfuso la sapienza prospettica e plastica di Piero in uno spazio centinato e coperto di segni, che tutto dichiarava, tranne il corporeo. L’astrazione della pittura di Horiki Katsutomi non vuole poi sconsacrare o irridere la figura, quanto piuttosto riconquistare l’invisibile e ricondurre la pittura alla propria più intima essenza di colore, luce e forma pura.
Gallery